Nonostante facciano parte della famiglia delle crucifere, la stessa che raccoglie cavoli, broccoli e cappucci, sembra avere ben poco in comune con i suoi fratelli: della Brassica Campestris, volgarmente conosciuta come rapa, si consuma infatti la radice, a differenza delle altre crucifere di cui mangiamo foglie e fiori, anche se di alcune specie selezionate si utilizzano le punte, le cosiddette “cime di rapa”, diffuse soprattutto nella cucina meridionale.
La radice della pianta, che ha forme e colori diversi a seconda del periodo di raccolta e dalla zona di provenienza, è consumata invece prevalentemente nel Nord Italia: può essere più o meno grossa, tondeggiante, ovale o ellittica; la buccia è in genere bianca, ma in alcune cultivar assume nella parte superiore una caratteristica tonalità violetta; la polpa è bianca o tendente al giallo, succosa e croccante, dal sapore dolciastro, a volte con nota piccante.
Risulta essere un cibo tradizionalmente povero, ma sarebbe opportuno riscoprirlo in virtù della sua attuale stagionalità, che vede rape freschissime disponibili ogni giorno sui banchi dell’ortofrutta, e del suo buon contenuto di vitamina C. Può essere consumata lessa, al forno o cruda in insalata – è ingrediente base della giardiniera: per un contorno sano e di stagione consigliamo un bollito di verdure miste, con rape, patata e finocchina. Oppure nel suo utilizzo tradizionale friulano nella brovada, ricetta tipica simile ai crauti, che vede le rape macerate in mosto e aceto.
Simili alle rape, ma di tutt’altra famiglia, sono le barbabietole rosse, spesso confuse e vendute come rape violette: in realtà la barbabietola rossa fa parte della stessa famiglia delle biete da costa e delle barbabietole da zucchero, ben lontana quindi dalle crucifere.
Forma e consistenza rendono però i due ortaggi simili, così come il contenuto nutrizionale: entrambe hanno sali minerali, vitamine e fibre; alla barbabietola il merito di essere una buona riserva di acido folico, quindi consigliamo il suo consumo alle donne in gravidanza.
Anche i consigli per l’acquisto sono simili: preferite rape e barbabietole piccole, con buccia integra e prive di macchie; una volta portate a casa, durano in frigo circa una settimana e necessitano di un lavaggio accurato per eliminare ogni traccia di terra.
Sul mercato si trovano anche la barbabietole rosse già cucinate, confezionate sottovuoto e pronte da mangiare: in tal caso, basta sciacquarle e affettarle per avere un contorno insolito.
Per chi prende il prodotto fresco, la barbabietola rossa può essere bollita o cotta la forno, per arricchire poi un insalata verde o accostarla a sapori più amarognoli, come il radicchio di campo.
Nella medesima famiglia della saporita barbabietola rossa troviamo la barbabietola da zucchero, coltivata da un paio di secoli in modo estensivo per l’estrazione del prezioso dolcificante. Pare che la scoperta risalga al XVII secolo, quando l’agronomo francese Olivier de Serres notò che la barbabietola cotta produceva un succo simile allo sciroppo di zucchero: ma rimase pressoché inascoltato per un centinaio di anni. Furono le guerre napoleoniche, e il conseguente blocco delle importazioni del caraibico zucchero di canna, a segnare il boom delle coltivazioni estensive della radice nel vecchio continente. Oggi l’Europa coltiva 120 milioni di tonnellate di barbabietole e produce 16 milioni di tonnellate di zucchero bianco.